Contrariato dal cosiddetto generale Vannacci
Il libro Il mondo al contrario del cosiddetto generale Vannacci è tutto incentrato sulla evocazione di una consolatoria normalità. Ma la normalità non esiste, è un costrutto artificiale, come il prototipo standard del metro di platino conservato a Parigi. Una professoressa al liceo ci riprendeva quando utilizzavamo il termine “normale”: E tu credi di essere normale!?
In verità quello che il cosiddetto generale evoca con il termine normale è il consolatorio senso di appartenenza ad una comunità, ad un clan, che ci protegge dalle insidie del mondo esterno percepito come “diverso”.
La normalità di cui parla il cosiddetto generale non è buonsenso, come sostiene, bensì senso di appartenenza, di omologazione a un modo di essere, ma non per questo qualcosa di buono. L’appartenenza al clan mafioso è moralmente ed eticamente diversa dall’appartenenza all’ordine dei francescani. L’appartenenza può essere rassicurante, ma non è giusta di per sé.
Il concetto di buonsenso va preso con le pinze. Fino alla metà del secolo scorso il buonsenso voleva che le donne stessero a casa a fare i lavori domestici e ad accudire ai figli, non avevano neanche i diritti civili. Se questo allora veniva considerato buonsenso, prevalentemente dai maschi suppongo, oggi il confinamento della donna nelle mura domestiche è considerato un’ingiustizia inaccettabile.
Il cosiddetto generale fa appello alla maggioranza, ma la confonde con il gruppo di appartenenza. Ironizza sul fatto che l’esclusione della minoranza o del diverso è diventata “un’offesa perseguibile per legge”, omettendo che le grandi tragedie storiche, come l’olocausto degli ebrei, scaturirono proprio dall’esclusione di una minoranza che non era “normale”.
A volte l’ingenuità del cosiddetto generale è sorprendente: ritiene la “nostra melodiosa lingua millenaria” minacciata dai neologismi politicamente corretti. L’italiano mille anni fa non esisteva neanche, quello che parliamo e scriviamo oggi si è formato nell’ultimo secolo, è una lingua in evoluzione continua. Per molti italiani della mia generazione l’italiano è stata la prima lingua straniera, imparata alle elementari e diffusa dalla televisione, perché in famiglia si parlava il dialetto.
Cita un’avvocata difensore di uno stupratore, con tanto di rimando alla notizia dell’Ansa, come se la dichiarazione di questa – non possiamo pretendere che un africano sappia che da noi è vietato violentare – fosse rappresentativa dell’opinione pubblica o della politica progressista, pescando furbescamente dalla cronaca frasi fuori contesto che non hanno nessuna rilevanza.
Il cosiddetto generale non manca di prendersela con l’ambientalismo e – in maniera piuttosto scontata – con il facile bersaglio di Greta Thunberg, omettendo di precisare che le richieste della ragazzina svedese non sono altro che quello che la comunità scientifica internazionale sollecita da anni.
Sull’inquinamento provocato dallo smog e dal traffico fa poi una grande confusione. Cita dati contraddittori con l’unico intento di corroborare la sua ostilità a qualsiasi regolamentazione, divieto o limitazione. Inoltre, l’occidente è a posto, sono i paesi con culture diverse a dover ridurre le emissioni. Afferma che lo smog è diminuito nei paesi occidentale negli ultimi decenni; perciò si scaglia contro le nuove misure antinquinamento, come il divieto dei motori diesel, senza tenere conto che sono proprio le misure antinquinamento degli ultimi decenni che hanno consentito la riduzione dello smog.
Il libro del cosiddetto generale Vannacci è un libello polemico che attacca la politica progressista con una parvenza di scientificità, sostenuta da argomentazioni incomplete e discutibili. Fa leva sulla parte più retriva e conservatrice degli italiani, che fa fatica a comprendere la modernità e rifugge il confronto con le sfide della contemporaneità.
Massimo Predieri